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20 maggio 2012 7 20 /05 /maggio /2012 15:35

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Il Gommone casalingo non ha portato bene al Bayern, sconfitto ai rigori dal Chelsea come accadde alla Roma, con l'Olimpico in parata ammutolito dal Liverpool nel 1984. Rispetto ai colleghi londinesi, era di un'altra pasta quel Liverpool, bisogna dirlo, con giocatori alla quarta vittoria in sette anni e una tradizione europea ormai consolidata, ma va dato atto al Chelsea di aver lottato fino all'ultimo in ogni partita, e di aver meritato in fondo questa coppa che Abramovich tanto agognava fin dal giorno del suo insediamento a Stamford Bridge. Si può dire che la Champions sia un giusto premio per una squadra alla fine di un ciclo comunque vincente, anche se il Bayern non sarà d'accordo, visto che è alla seconda finale persa in due anni, e in entrambe si è trovato ad attaccare furiosamente, bruciando occasioni su occasioni, contro squadre arcigne e votate alla difesa ad oltranza, e con la miseria di un solo gol segnato in 210' di possesso palla incessante.

Senza dubbio è la coppa di Drogba, decisivo ogni volta che la situazione sembrava disperata; tre volte il Chelsea pareva morto, dopo la trasferta al San Paolo col Napoli, col Barça al Camp Nou, in 10 e sotto 2-0, e ieri sera dopo il gol di Muller a cinque minuti dalla fine, e tre volte Didier ha fatto il miracolo, con la forza e l'opportunismo dei veri campioni.

Poteva essere la coppa di Robben, se non avesse ciccato un rigore decisivo nei supplementari, ma il pelato olandese non ha feeling con le finali, e a questo punto, anche il saldo del Bayern nel complesso si fa negativo, con cinque coppe perse all'ultimo atto, un record poco invidiabile condiviso col Benfica e con la nostra Juventus, contro quattro vinte, tre all'epoca di Beckenbauer, e una nel 2001 sempre ai rigori qui a Milano contro il Valencia dell'altro eterno secondo Cuper.

E' anche la coppa di Petr Cech, formidabile sui tiri dal dischetto: indovina tutti gli angoli di tiro, e se alla fine Schweinsteiger esita quel tanto che basta da spedire la palla sul palo, il motivo è proprio quello.

Ed è anche la coppa del nostro Di Matteo, un allenatore che sa farsi amare dai suoi perchè nello spirito è ancora giocatore, e friggere in panchina per 120 minuti gli è costato dieci anni di vita, quasi quanto a Robben l'errore dagli 11 metri, anche se per Robben è più grave perchè già dimostra 50 anni di suo.

La Champions League offre insomma un verdetto radicale: ha vinto un calcio antico, di lotta e non di governo, come nel 2010; ha vinto il catenaccio, contro il gioco manovrato, la difesa contro l'attacco, ma non è grave; anzi, quest'alternanza fra scuole calcistiche tutto sommato fa bene alla competizione, e consente a tutti di sognare, anche a chi apparentemente non se lo potrebbe permettere.

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