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VH1984

 

 

Non si dovrebbe iniziare da questo, lo so benissimo; prima dovrebbe venire quel fulminante eponimo, datato 1978, che buttò per aria la storia della chitarra rock; ma ultimamente "1984" frequenta il mio giracd neanche fossimo tornati indietro di vent'anni, heavy rotation come si usa dire, quindi mi terrò "Van Halen" per la prossima volta.
Qui la storia è diversa: i Van Halen sono già grandi, grossi, ricchissimi e in ribollente conflitto di ego; siamo alla fine dell'83, Eddie è famoso quanto Lennon e McCartney, quindi per la proprietà transitiva, più di Gesù Cristo, anzi quasi come Gene Simmons, che lo vorrebbe al posto di Vinnie Vincent per rivitalizzare i Kiss, o come Michael Jackson, che lo assume per un paio di frenetiche passeggiate sul manico in "Beat It".
Fatto sta che il progetto Van Halen per il pirotecnico Ed resta l'obiettivo primario: dopo una colossale tournee sudamericana, in estate i quattro erano stati pagati un milione di dollari per essere gli headliner dell'US Festival californiano, davanti a una folla strabocchevole, e a fine anno era già pronto il nuovo album, preceduto dal singolo "Jump", un infettivo brano a tutti gli effetti pop, imperniato su di un giro di synth che segnerà lo standard del rock anni '80.
Ma non confondiamoci: "Jump" avrà poca chitarra, solo un breve intermezzo, alla solita velocità smodata, ma è in puro stile Van Halen, la sezione ritmica lavora incessantemente, e Diamond Dave è in grande forma.
E poi c'è il resto, una batteria di riff chitarristici da far invidia: "Panama" va giù pesante con le metafore, ma è potente come una Kawasaki da corsa, e mostra la struttura di tutto l'album; una sola chitarra, con pochissime parti sovraincise, il basso di Michael Anthony a dare corpo, e il grande lavoro di Alex Van Halen che sa toccare i piatti come pochi altri; "Drop dead legs" ha un altro riff fantastico, come "Girl gone bad", che in più mostra l'eccellenza dei due gregari, Anthony superlativo nel registro alto dei cori e nell'ottima parte di basso, e Alex veramente al suo massimo; i tre sono una macchina perfetta, DLR quasi ne viene disarcionato, ma rimette subito le mani sullo sterzo nella folle corsa di "Hot for teacher", dopo un'opportuna dose di mitragliate di doppia cassa; "Hot" si ferma e riparte sferragliando come un treno, Eddie suona a velocità fulminea e il fratello sembra posseduto dal demonio; perfino "Top Jimmy" si guadagna la pagnotta, onestissimo rock'n roll vanhalenizzato, mentre le acque calme del synth di "I'll wait" aiutano a segnare il passo, per un altro ottimo pezzo radio-friendly invecchiato sorprendentemente bene.
Il cd finisce con un altro barrage di schitarrate, il potentissimo mid-tempo "House of pain", proveniente da antiche session del 1977 e per l'occasione riveduto e corretto: un mid-tempo per un batterista normale, ma non per Alex Van Halen, che riesce a pestare con gusto il triplo delle battute necessarie, senza rubare troppo la scena al fratello
Dunque è ben vero che la chiave del successo di questo disco è stata indubbiamente "Jump", ma "Jump" è solo un bell'incarto colorato, perchè a guardarci bene dentro, il pacco contiene mezz'ora di rock fulminante, e se ne accorsero gli spettatori di quello stellare tour mondiale, che fruttò al gruppo il definitivo ingresso nello stardom musicale, e contemporaneamente sabotò in maniera irreparabile equilibri interpersonali già precari. A metà '85 David Lee Roth abbandonò la baracca con parecchio nuovo materiale già scritto, assoldò Steve Vai e Billy Sheehan e si imbarcò nella carriera solistica che tanto voleva, e caso volle che Eddie incontrasse (in un concessionario della Ferrari, dice la leggenda) proprio il cantante di quei Montrose che del Van Halen sound erano stati i primi ispiratori, il signor Sammy Hagar. Il resto è più o meno storia.
Un'altra leggenda vuole che Steve Hoffman avesse lavorato sui master originali per un'edizione DCC poi mai uscita a causa della chiusura dell'azienda a fine anni '90, e che quindi qualche copia del test-disc circoli fra i collezionisti, e forse il buon Steve con i tubi VAC che usava all'epoca avrebbe saputo rimediare all'eccessiva asciuttezza di queste registrazioni, ma meglio non pensarci troppo, anche se si potrebbe sollecitare la Audio Fidelity a riprendere in mano il progetto.
Per quanto concerne l'edizione, la recente ristampa Warner Bros è HDCD, ma non ho trovato dei player o dei plugin per il computer con la decodifica adatta, e a me sostanzialmente sembra che abbia solo il volume sparato a mille, e forse, ma proprio forse, un po' d'aria in più rispetto alla vecchia versione: nemmeno il target made in Japan mi ha dato indicazioni certe, il suono è sempre extra dry, quindi va bene una stampa qualsiasi, tanto i piatti di AVH vi sfonderanno i timpani comunque. Class dismissed!

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