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9 novembre 2010 2 09 /11 /novembre /2010 16:53

 

Thorens TD 160nel lontano natale 1974 mio padre con un sorpendente lampo di genio usò la tredicesima per comprarsi uno stereo: massiccio giradischi Thorens,di quelli col piatto in alluminio fresato, classico Marantz 1030 come amplificatore, coi suoi manopoloni e l'austero frontalino in alluminio spazzolato; un futuristico radio tuner di design consimile, e per finire, speakers Dynaco da stand, impiallacciati in legno scuro, grossi e pesanti come si usava una volta

che tempi

dalla pancia di mamma credo di aver avuto un sussulto: non era male quello stereo, anche se si poteva fare meglio, e papà ci ascoltava qualche LP jazz e certi terribili 45 giri italiani

più o meno nel 1984 iniziai a comprare dischi e a ruotare lo switch del volume fino a livelli imprevedibili:i vicini non gradivano gli AC\DC, e mia sorella preferiva i cartoni, ma chissenefrega, ero già un musicofilo, e mi piacevano proprio quei padelloni in vinile, le copertine e tutte quelle scritte misteriose

però lo stereo funzionava maluccio, e il trattamento che gli riservavo non migliorava certo le cose; nel frattempo mio cugino, classe '64, si sfondava i timpani con un pessimo ma rumorosissimo compattone Fisher e ben 4 altoparlanti: col senno di poi, quel trabiccolo era una vera schifezza ma avrebbe fatto al caso mio più del compassato trittico Marantz\Thorens\Dynaco; eravamo in piena invasione giapponese, e i negozi erano pieni di aggeggi come quello: volendo, si poteva portarsene a casa uno per non più di duecentomila lire, che potevo accumulare con facilità (in teoria), ma in pratica 200 sacchi equivalevano a una ventina di LP, e sostanzialmente preferivo quelli

a margine questa forma mentis spiega piuttosto chiaramente il motivo della mia cronica incapacità di risparmiare soldi, ma è un discorso poco pertinente al momento

insomma,dovetti continuare con quello che avevo,se volevo far crescere la collezione;gli anni '80 portarono il Walkman, di cui abusai, il registratore a doppia cassetta, oggi preistorico ma all'epoca piuttosto utile, e poi il compact disc, che a dire la verità per parecchio tempo guardai con scetticismo nelle vetrine, e in casa di qualche convinto modernista: il neonato CD non aveva una bella copertina, aveva troppa plastica e scritte piccolissime, non aveva nessun fascino, e suonava troppo dry, senza vita

simpatico,ma bocciato

più o meno nel 1988 mi ritrovai a casa di un amico che si stava interessando all'hard rock, e dunque ero l'uomo per lui: avevo un mucchio di dischi, e, parole sue, sapevo anche “quanti peli ha nel culo Ozzy Osbourne”, dato che ero anche un avido lettore di riviste specializzate; ero l'uomo per lui, si diceva, ma lui era l'uomo per me: per un po' non ci feci caso, ma poi era del tutto evidente che i miei dischi a casa sua sembravano più belli, e notevolmente diversi

“papà ha comprato questo giradischi a Londra”

era il Rega Planar 2, il più basic dei giradischi britannici, un vero classico

“e casse e amplificatore nonsodove, ma sempre in Inghilterra; poi li abbiamo nascosti sotto i sedili della macchina per passare la dogana”

il mitico NAD 3020 e due sorprendenti scatolette ultraleggere, le Wharfedale Diamond, “tutto per quattro palanche ti dico”

miracolo: gli AC\DC sembravano ancora più potenti, e tutte le nuances di cui erano ricchi gli album dei Led Zeppelin, che poi diventarono il suo gruppo preferito, schizzavano fuori da quei piccoli altoparlanti con assoluta naturalezza; le “quattro palanche” erano davvero quattro, ma ben spese: il NAD 3020, che adesso è una specie di leggenda audiofila, era un parallelepipedo color ardesia senza alcuna pretesa estetica,dichiarava una ventina di watt, e non centinaia come alcuni moderni scatoloni luccicanti, eppure faceva bene il suo mestiere, aveva equilibrio, dinamica e sobrietà, e le Wharfedale, senza megabassi e sibili penetranti, non erano da meno; il pezzo forte rimaneva il giradischi, col suo piatto in cristallo e la solita idiosincrasia inglese per gli automatismi: bisognava calibrare il peso della testina a mano, e per cambiare da 33 a 45 giri si doveva spostare la cinghia di trasmissione, ma poi era meglio star zitti e ascoltare; Robert Plant in persona si materializzava nella stanza: mi impressionò “The Gallow's Pole” in particolare, e sentire lo scricchiolio delle giunture dei tamburi in “Since I've been loving you”

il mondo non era più lo stesso: nel giro di un paio d'anni avevo la camera piena di volantini e riviste di hifi,sapevo tutto, e il compact disc prese finalmente piede, nella forma di un interessante lettore Pioneer

era solo il primo passo però: visto che il 3020 non era più in produzione mi procurai uno dei suoi nipotini, il 304, e poi nel '94, grazie a qualche conoscenza, visto che non me le potevo permettere a prezzo pieno, delle strabilianti Linn Keilidh da pavimento, che mi hanno accompagnato fino a poco tempo fa; poi il Pioneer, che disgraziatamente era più in riparazione che a casa mia, nel '95 fu rimpiazzato da uno dei più impressionanti apparecchi hifi degli anni '90, il Teac VRDS (versione 7,visto che quelle superiori costavano davvero un occhio); con quei 10 chili 10 di lettore CD caricati sulla mensola, il trio davvero non era male, e io stavo diventando ufficialmente uno stronzo schizzinoso

perchè sì, la patologia dell'audiofilo è tale per cui, come ha detto un altro “malato” che conosco bene, ci si sveglia di notte tutti sudati pensando all'ultimo modello di amplificatore a valvole appena uscito, oppure perchè ascoltando un vecchio disco dei Fleetwood Mac “si percepisce una fastidiosa granulosità nei medioalti”, roba da far venire i calcoli al fegato

un altro colpo basso sono stati certi CD:perchè “Somewhere in time” degli Iron Maiden, che pure mi piaceva molto, ti distruggeva i timpani, e Led Zeppelin III o gli Steely Dan no? perchè qualsiasi disco dei Duran Duran faceva venire voglia di buttare via tutto, e “Appetite for destruction” no? per il momento era un mistero, ma avevo ben chiaro il concetto che c'erano CD fatti bene e CD fatti male,e incominciai a documentarmi su chi li faceva bene e chi male

Steve Hoffman è uno che li fa bene,anche se si basa sul lavoro fatto da altri: ovviamente non sapevo nulla di tutto ciò, finchè nel leggendario “Discoland” di Campo S.Barnaba non spuntò fuori il bellissimo longbox nero dell'edizione DCC di “The Doors”; penso che fosse la fine del '92, se la memoria non mi tradisce, e ce n'era una sola copia, a 45mila lire, niente male visto che i CD normali costavano poco più della metà

mi sarei fatto offrire la pizza dalla ragazza il sabato seguente, invece che offrirla io, ma non c'era verso, lo dovevo proprio comprare, quantomeno per il fatto che ce n'era una sola copia, e sopra c'erano scritte alcune delle formule magiche più potenti in commercio, limited edition, 24k gold disc eccetera

non era una truffa,il CD misterioso suonava davvero bene, e diverso: l'ammontare di particolari di cui prima non mi ero mai accorto era impressionante, e il calore delle elettroniche valvolari VAC che quel tizio affermava di aver usato durante il procedimento

era immediatamente percepibile

ovviamente, la mia miserabile copia di “The Doors” col punto esclamativo finì a casa di qualcuno, e questo meccanismo si è ripetuto ogniqualvolta sono riuscito a mettere le mani su una di queste inarrivabili special edition, cioè abbastanza spesso, anche se il mio peccato originale resta il non averle comprate tutte in quel pomeriggio di agosto del 1996 passato dentro il Virgin Megastore degli Champs Elysees con le tasche quasi vuote

meglio non pensarci

il NAD 304 era un bell'oggetto, ma le Linn erfano di un'altra classe: ci volevano più watt, e di maggior pregio; provai per un anno un bell'amplificatore italiano, che non nomino: suonava benissimo ma aveva qualche difetto costruttivo, e finì arrosto un paio di volte, con mio sommo orrore; colpito a morte dai giapponesi e dagli italiani, mi sembrò il caso di ripiegare verso la Gran Bretagna, e su un altro imperturbabile parallelepipedo nero, l'Exposure super X,c he finalmente spremeva tutte capacità di quelle robuste torri in palissandro

le spremeva anche troppo a dire il vero, e così mi venne un'altra mania: dovete sapere che il vero audiofilo non userebbe mai un equalizzatore, perchè “sporca” il segnale aggiungendo uno stadio in più; l'unico modo consentito per equalizzare è il posizionamento degli speakers nell'ambiente e il tipo di cavo usato, quindi via:preoccupato dai troppi bassi che sentivo, iniziai a spostare tutto in giro per il salotto, e a procurarmi spezzoni di cavo di tutti i tipi; se qualcuno dalla finestra mi avesse visto bene, mentre spostavo 4 volte al giorno tutti i mobili del salotto, avrebbe chiamato il 113

alla fine barattai l'amplificatore rotto con 6 metri di un costosissimo cavo solid core, cioè a filamento unico, che sembrava incredibilmente fare al caso mio; niente più bassi rimbombanti, al modico prezzo di qualche esse sibilante in più; mi sembrava di aver raggiunto il Nirvana acustico

mi sembrava

nel 2002 era l'ottavo compleanno del poderoso Teac, e decisi che era ora di metterlo in pensione, dato che nel frattempo gli inventori del famoso giradischi Planar si erano messi a produrre dei lettori digitali recensiti con superlativi roboanti da tutte le riviste: l'ultimo ritrovato nella fascia media si chiamava Planet 2000, aveva un leggero chassis in alluminio e plastica e il caricamento dall'alto come i vecchi prototipi Philips degli anni '80, e costava mille euro scarsi; dal punto di vista puramente merceologico, quell'esile scatoletta sembrava un passo indietro rispetto al mostro che avevo io, ma otto anni e un oceano fanno la differenza: la scatoletta era, ed è ancora, perfettamente capace di riprodurre l'antica magia dei giradischi Rega, scricchiolii esclusi, con una musicalità prima proibita al supporto digitale, e mantenendo d'altro canto l'ampio ventaglio dinamico che è peculiare nel compact disc

benissimo; altra scoperta: un impianto hi-fi ben assemblato rivela tutte le sfumature, l'intera tavolozza sonora contenuta nei dischi, e di conseguenza anche tutti i difetti, tutte le incoerenze, te le butta quasi addosso: dal punto di vista del suono,”Aja” era ancora migliore, e i Duran Duran ancora peggiori, ma tutti e due soprattutto ancora diversi da come me li ricordavo; però era ben chiaro il concetto che Simon Le Bon e soci (cito sempre loro, poveracci, ma altri disgraziati lo fanno) scriverà anche belle canzoni, ma non hanno mai avuto a cuore l'apparato uditivo degli ascoltatori, se per anni hanno propinato loro tutti quei sibili

non ho più perso questa deformazione professionale: se un disco suona bene, invariabilmente mi piace di più, soprattutto adesso che, con un discreto salasso, ho sostituito prima le Linn con delle ottime Totem Arro, e poi, pochi mesi fa, il lettore Rega (che funzionava ancora benissimo, go England go!) con il nuovo Meridian G08.2 dei signori Stuart e Boothroyd, meno eufonico del Rega ma talmente preciso e dettagliato da diventare un vero rasoio di Ockham per testare la qualità di una registrazione

il trittico è in funzione anche in questo momento: forse non sarà adattissimo ai Metallica o ai Guns 'n Roses, anche se fa fare loro una buona figura, ma non ho mai sentito voci così chiare, chitarre acustiche così splendenti, e uno spazio così ben definito tra uno strumento e l'altro, anche nei passaggi un po' complicati

e la batteria in “Since I've been loving you” scricchiola ancora di più, sembra quasi soffrire sotto i colpi precisi di John Bonham

 

ma tutta questa pappardella era solo per sapere, miei cari amici del web, con cosa ascoltate la musica? cosa vi piace? cosa pensate di comprarvi? soddisfate la mia curiosità

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