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13 marzo 2013 3 13 /03 /marzo /2013 19:56

Clive Burr

 

Il destino è stato crudele con Clive Burr; era il poderoso motore di una macchina inarrestabile come gli Iron Maiden dei primi anni '80, ed è finito miseramente su una sedia a rotelle, nemmeno più capace di impugnare le sue leggendarie bacchette marchiate "hit 'em hard". Proprio lui che andava come un treno e faceva sbuffare Steve Harris che doveva stargli dietro.

Clive è morto ma "Iron Maiden", "Killers" e "The Number of the Beast" rimangono, pietre miliari del metallo British, e di un'epoca d'oro che non c'è più.

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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 18:24

youfeed-juve-conte

 

Ci siamo di nuovo. Dopo sette (lunghi) anni, è bello essere di nuovo tra le migliori otto; con Bayern, Real, PSG, Borussia, Milan (o Barça, a seconda di come andrà a finire) facciamo una bella compagnia, e quasi c'è da augurarsi un sorteggio duro, vista la nostra fame arretrata di partite ad alto livello. Juve-Celtic di mercoledi serà è stata quasi un'amichevole: ci stavamo addormentando davanti alla TV. Per carità, è stato giusto così, in un perodo denso di impegni in cui le forze vanno amministrate, ma il tifoso medio ha voglia di ben altro. Ha voglia, ci potrei mettere la mano sul fuoco, di scoprire se ci troviamo nei quarti per caso, e siamo solo degli outsider di buon livello con un passato illustre, oppure se siamo qui per restarci a lungo, e per provare a vincere questa coppa maledetta, con cui ci sentiamo in credito da tempo immemorabile.

Conte ha già fatto più miracoli di parecchi dei santi presenti nel calendario; se riuscisse anche in questo, c'è già pronta una statua da mettere fuori dallo Stadium. In fondo a Roma, a Monaco, ad Amsterdam e a Manchester, quando ci giocavamo il titolo europeo lui c'era; e scommetto quello che volete che quando l'Amburgo ci battè ad Atene trent'anni fa era davanti alla TV come molti di noi; quindi, sono emozioni che conosce e che non può non desiderare ancora, tanto quanto le desiderano i suoi tifosi.

Altro che Chelsea.

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7 marzo 2013 4 07 /03 /marzo /2013 12:36

Giraudo

 

Anch'io sarei perplesso se fossi Giraudo, e anche se fossi il suo avvocato; i tribunali continuano a condannarlo per i soliti reati ormai ampiamente smentiti dai fatti (e dal buon senso); possedere un'utenza riservata continua a contare molto o a non contare per nulla a seconda della bisogna; la "cupola" continua a perdere pezzi, e a un certo punto finirà, prevediamo, per includere solo Moggi, Bergamo e Pairetto, somigliando sempre di più a un'altra famosa cupola, quella del Brunelleschi, che, come noto, ha la prerogativa di sostenersi da sola.

Oltretutto, e questa è la cosa più grave, i tribunali italiani continuano ad agire completamente sganciati uno dall'altro; le risultanze del parallelo processo di Napoli sono state totalmente dimenticate, e nel frattempo, beffa delle beffe, Berlusconi prende un anno di galera per aver passato al fratello, e quindi al "Giornale", la famosa intercettazione Fassino-Consorte mentre era ancora coperta da segreto istruttorio, con l'attuale sindaco di Torino che percepirà anche ottantamila euro di risarcimento.

 

Altro che perplesso; se fossi Antonio, o il suo avvocato, sarei proprio incazzato nero.

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4 marzo 2013 1 04 /03 /marzo /2013 17:36

chiellini cavani

 

E' andata anche questa. Il Napoli resta un gradino sotto come qualità di squadra, ma non era facile uscire dal San Paolo indenni; stampa e TV hanno qualche colpa per aver caricato un po' troppo l'ambiente, e di sicuro l'accoglienza per i nostri non è stata delle migliori, ma in fondo chi se ne importa; è una vita che contro la Juventus vengono usate armi improprie, tanto che quasi ne facciamo un motivo d'orgoglio.

La partita è stata tesa, e maschia, ed è ben sintetizzata dalle sportellate fra Chielini e Cavani su cui la cronaca si è abbondantemente soffermata nel weekend; con un pizzico di precisione in più sottoporta, sarebbe potuta finire come a Glasgow, e come in Scozia nel dopo gara è stato abbastanza paradossale ascoltare lamentele da parte dell'allenatore avversario a proposito del gioco troppo duro, visto che sia Celtic che Napoli non disdegnano affatto lo scontro fisico. Purtroppo per loro, a questa Juventus il clima da battaglia piace assai, anzi ci sguazza, e, oltretutto, il ritorno fra gli effettivi di George della Giungla ha innalzato ulteriormente la risma gladiatoria del team. Anche nei momenti difficili siamo sempre presenti, e manteniamo la calma come fanno le grandi squadre, un segno di maturità che Conte ha giustamente sottolineato con orgoglio. Continua a latitare, questo è certo, una figura di maggior carisma in attacco, uno che possa inventarsi qualche golletto anche da solo, ma sta prendendo corpo parallelamente l'impressione che la Juventus, per com'è strutturata, non dipenderebbe da un grande bomber come ad esempio il Napoli dipende da Cavani. A confronto dei nostri avversari, il gioco che vuole Conte è decisamente più collettivo, e se proprio dobbiamo dipendere da qualcosa, dipendiamo dallo stato di forma del nostro centrocampo. Il Napoli, con Cavani bloccato da Giorgione, ha sostanzialmente solo tirato da fuori area
Vorremmo sempre vincere, è vero, ma il pareggio non è da buttare. I punti di vantaggio sono sempre sei, anzi, con il gioco degli scontri diretti diventano sei e mezzo, un distacco rassicurante e però anche sufficiente a tenere alta la tensione per il rush finale.

Nella genealogia juventina, Antonio Conte è senza dubbio un figlio di Lippi e Ancelotti, quindi dev'essere per forza anche nipote di Trapattoni, e fare un punto in casa della diretta inseguitrice non gli è dispiaciuto affatto, tanto che negli ultimi minuti del match ha sostituito Vucinic con Pogba e indicato con ampi gesti di mettersi col 5-4-1 e chiudere la saracinesca. Trapattonianamente parlando, manca una giornata in meno, siamo sempre a +6, e una delle trasferte più insidiose è stata superata senza danni, e senza che ci abbiano rimbecillito troppo con moviole e proteste. Non lamentiamoci.

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28 febbraio 2013 4 28 /02 /febbraio /2013 16:08

beppe-grill

 

Che la sinistra italiana non ne azzecchi una è cosa arcinota, ma stavolta l'hanno fatta grossa: chiudere gli occhi davanti a un fenomeno come quello del Movimento Cinque Stelle è stato un suicidio, e il prezzo da pagare per Bersani e Company si è rivelato altissimo. Ci hanno ammorbato per decenni con la manfrina che la sinistra sta dalla parte del popolo, ma quei furboni han sempre scambiato il Popolo con la P maiuscola per il loro popolo, e di tutti gli altri chissenefrega, sono dei fascisti ignoranti, come se alle primarie ci andasse tutta Italia e non solo gli elettori del PD.
Oltre che i seggi elettorali, dal Movimento Cinque Stelle si sono fatti fregare perfino la Rivoluzione, e senza che Grillo neanche la menzionasse. Perchè di rivoluzione si tratta, una rivoluzione giovanile, spontanea, sana, e finalmente senza magliette di Che Guevara, bandiere rosse, incendi, sassaiole e altri ammuffiti stereotipi del Sessantotto.
Le cause di questo clamoroso successo elettorale sono moltissime, e non è facile individuarle tutte. Forse, come dice Vendola, è solo voglia di cambiamento. Forse però questa è una spiegazione troppo semplice, visto che perfino Vendola se ne accorge. Forse c'è una gran voglia di radicalismo, ma di un nuovo radicalismo, altrimenti leghisti, comunisti, spaccavetrine e manettari avrebbero preso più voti, anzichè rimanere in mutande.
Forse, di certe facce, non se ne può più, e questo era il modo migliore per spazzarle via.

Forse, e lo sospettiamo da tempo, agli esponenti della nostra disgraziata sinistra continua segretamente a non piacere la democrazia; il largo uso che costoro fanno del mero vocabolo è storicamente solo un vile trucco; il loro sogno rimane sempre quello di un accogliente, rassicurante parlamento monocolore, come ai bei tempi del blocco sovietico, quando Napolitano e compagni spacciavano l'URSS come il "paradiso del lavoratore".

Il guaio è che in democrazia votano tutti, non solo gli intelligentoni progressisti, e soprattutto vota un mucchio di gente che quel monocolore lì proprio non potrebbe sopportarlo, e che a quanto pare, con grande sorpresa della sinistra, è ancora la maggioranza,

Infatti, è bene insospettirsi quando la stampa dà per scontata la vittoria degli ex PCI; l'informazione è ancora sufficientemente rossa, quindi potrebbero essere loro stessi a spacciare quest'idea; in fondo, anche Alì il Chimico, con i Caschi Blu sotto casa, diceva in TV "stiamo vincendo", e poi sappiamo tutti com'è andata a finire.

Venendo al Berlusca, sostanzialmente sopravvissuto a questo massacro unicamente grazie a Bersani, dovrà arrendersi al fatto che anche lui sta passando di moda; da uomo della provvidenza è passato a essere solo una medicina disgustosa da prendere per contrastare qualcun altro, e poi, massimo scorno, il suo mezzo di comunicazione preferito, la televisione, è ormai solo un ronzio fastidioso di fronte all'ondata di consensi che Grillo ha raccolto attraverso il web. San Silvio nel '94 ha dato la TV alla politica, e ha fatto un miracolo; San Beppe l'ha tolta, e ha preso il 25%. Un buon insegnamento per i futuri impiegati dello Stato, che, in effetti, potrebbero prendere la sana abitudine di stare meno negli studi televisivi e lavorare di più, visto che la situazione è seria.

C'è un'aria nuova nella sorda e grigia aula dell'italico parlamento; una salutare iniezione di gioventù nella nostra immobile, gerontocratica e imborghesita classe politica. E freghiamocene dei gufi: non sarà mica così grave che il parlamento sia meno omogeneo del solito? Non è anche questo, in realtà, un segno di democrazia?

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26 febbraio 2013 2 26 /02 /febbraio /2013 16:12

pogba 3-0

 

Un'altra discesa di Lichtsteiner, un altro bel gol di Giovinco, un'altra sassata da fuori di Pogba, il Napoli fa 0-0 a Udine e siamo a +6; una posizione ampiamente rassicurante in vista dello scontro diretto di venerdi.
Considerato poi che al ritorno col Celtic seguirà una pausa della Champions fino ai primi di aprile, la situazione è propizia per un colpo decisivo al campionato; un mese per mettere in cassaforte il trentunesimo scudetto.
Le condizioni ci sono tutte. Adesso sta alla squadra dare il meglio, e a Conte aggiungere del suo.

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21 febbraio 2013 4 21 /02 /febbraio /2013 23:52

Allegri-2s.jpg

 

Dieci Maradona batterebbero dieci Gattuso? E' un vecchio dilemma filosofico del calcio che ha trovato opinioni contrastanti, ma non c'è dubbio che la partita di ieri sera sia una possibile risposta. I dieci Maradona hanno parcheggiato l'autobus nella metacampo del Milan, si sono passati la palla fra loro forse un migliaio di volte in cerca del varco giusto, ma sostanzialmente non hanno prodotto in 90 minuti una singola azione da gol degna di nota, una di quelle per cui questa squadra è ricordata. E' bastato che i dieci Gattuso si schierassero ben chiusi in difesa in due linee da quattro, con il resto di due, se la matematica non mi inganna, che serviva a ripartire velocemente appena ce ne fosse stata la possibilità. Poi, i Maradona schierati in difesa sono tutt'altro che ineccepibili, e degli attaccanti scaltri possono metterli in seria difficoltà, come ben si è visto ieri, e a dir la verità si era visto anche lo scorso anno con le barricate erette dal Chelsea.
Allegri, che non è uno sprovveduto, alla lezione di Di Matteo ha preso appunti accuratamente; non avendo un Drogba, ha preferito attaccare sulle fasce, ma la sostanza non cambia; il Barça si può bloccare, come lo stesso Max aveva spiegato nel pre-gara, rendendo il suo possesso palla sterile. Se poi gioca a ritmo basso come ieri, per i Gattuso è festa grande, mentre i Maradona sbattono stolidamente contro il muro difensivo. E neppure lo svantaggio, maturato per la verità in modo abbastanza fortuito, ha scosso Iniesta e compagni, apparsi incapaci di cambiare marcia e di trovare una soluzione allo stallo scacchistico imposto dalla sagacia tattica del Milan.

Forse il Barcellona non sta bene fisicamente, forse la truppa è stanca dopo anni di trionfi, fatto sta che il 2-0 mette gli azulgrana in grossi guai; un golletto rossonero al Camp Nou sarebbe la fine, e non sembra un evento così imrobabile, anche senza l'apporto di Balotelli che in Champions non può giocare e per questo se ne stava in tribuna a sghignazzare palpeggiando la playmate del mese.
E' ben vero che il Barça ha incantato il mondo per anni con un calcio di grande qualità, però, il formidabile tique-toque inventato da Guardiola presuppone una certa rapidità di esecuzione, che ieri non si è mai vista, e un continuo interscambio fra i mediani che però diventa caotico se l'ingranaggio non funziona alla perfezione. La squadra guidata oggi da Vilanova e Roura si è strutturata nel tempo con tutti uomini della cantera: erano ben dieci ieri sera, un autentico record e probabilmente il vero segreto del team; si è stratificata lentamente fino a diventare un organismo perfettamente omogeneo, talmente omogeneo da avere una crisi di rigetto ogniqualvolta si cerca di trapiantarvi un corpo estraneo, che si chiami Ibrahimovic o Sanchez, o Fabregas, perchè anche il figliol prodigo Cesc messo al centro, con Iniesta spostato quasi all'ala sinistra, sembra tanto una mossa forzata, e sbagliata. Sicchè anche il Barça, quando è in difficoltà, non può mai cambiare spartito; non possiede per sua stessa natura una tipologia di giocatore offensivo che gli permetterebbe, esempio banale, di buttare qualche pallaccia in avanti sperando in bene. O arriva al gol con la manovra, o è fritto. E forse stavolta è proprio fritto, e va a finire che il Milan proletario di Allegri passa ai quarti con pieno merito.

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16 febbraio 2013 6 16 /02 /febbraio /2013 23:40

CDVF.jpg

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13 febbraio 2013 3 13 /02 /febbraio /2013 16:12

Rod-Stewart-copia-1.jpg

 

 

L'unico per cui mi dispiace è Rod Stewart, che ci sarà rimasto proprio male a vedere i suoi generosi e ingenui Hoops soccombere davanti a una squadra italiana tosta e determinata.

Il Celtic ha uno stadio fantastico e un agonismo fuori dal comune, quindi, soprattutto in casa, non è squadra da sottovalutare. Ci vogliono calma e sangue freddo, come diceva una canzonetta qualche estate fa, perchè poi sotto sotto il football che praticano questi scozzesi è proprio quello maggiormente congeniale al gioco di rimessa all'italiana; tutti all'attacco a spron battuto, e un paio di marcantoni dietro a fare la guardia, cosicchè, per la prima volta in un anno e mezzo di gestione Conte, la Juventus deve chiudersi e fare bunker, aspettando l'occasione giusta, come ai tempi di Trapattoni e Furino, quando però, ahinoi, le buscavamo ad ogni trasferta, finchè non arrivò Platini.

L'occasione arriva subito, grazie alla goffaggine dello stopper nigeriano Ambrose, che in pieno jet-lag da Coppa d'Africa si perde Matri al limite dell'area e Alessandro infila in rete nonostante la scivolata della disperazione di un altro difensore. E questo gol non cambia per niente l'inerzia della partita; anzi, restiamo ancora più rintanati in area, un atteggiamento pericoloso che fa imbufalire Conte e non causa conseguenze grazie a un Caceres versione muro e, obiettivamente, anche alla mancanza di creatività (e di qualità) degli avanti scozzesi. Ci manca poi un catalizzatore in avanti e in tutto il primo tempo non riusciamo quasi mai a mettere a terra una palla e gestirla come sappiamo, anche solo per alleggerire la pressione. I tiri verso Buffon sono però fiacchi e spesso forzati, mentre noi diamo sempre l'impressione di poter combinare qualcosa di pericoloso da un momento all'altro.

Loro corrono come dannati, ma anche noi. Corrono, entrano duro, e cercano il diverbio e lo scontro ad ogni contrasto. Incredibile a dirsi, sono più provocatori che picchiatori. Se il boato di Parkhead è una leggenda vera e propria, sfatiamo subito invece il mito di un calcio scozzese all'insegna della sportività. Questi ragazzoni rubati al rugby hanno vinto 43 scudetti, e in casa devono essere abituati a un trattamento di lusso se si tuffano in modo così plateale in cerca di un calcio di rigore; per fortuna l'arbitro Mallenco non si beve le sceneggiate, e il primo tempo finisce col Celtic spompato, demoralizzato e sotto di un gol.

Così nella ripresa la musica cambia; Conte sposta il Vallo di Adriano venti metri più avanti, i Caledoni hanno finito la birra e l'assedio perde vigore; d'altronde, sarebbe stato impossibile attaccare e pressare furiosamente in otto o nove uomini per tutta la partita, e lasciar soli dietro dei difensori così scarsi. Difatti, Marchisio Matri e Vucinic li fanno a fette e finisce 3-0, un punteggio pesante che non riflette certo la quantità di energie spese in campo dalle rispettive squadre ma piuttosto una netta differenza tecnica, tattica e qualitativa. Altrimenti il calcio sarebbe come il tiro alla fune, o il braccio di ferro. Non è così, ed è per questo che ai quarti ci andiamo noi.

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13 febbraio 2013 3 13 /02 /febbraio /2013 15:52

trono-papale.jpg

 

Qualcuno ha ironizzato sulle dimissioni di Ratzinger, dicendo che adesso ci aspetta un papato tecnico.
La verità è che Ratzinger stesso era un papa tecnico; un eminentissimo dottore della Chiesa, uno scienziato della teologia, un'enciclopedia vivente di tutto ciò che riguarda l'essere cristiani. Perfino le sue dimissioni sono un tecnicismo, scovato da qualche parte nel manuale di diritto canonico. E non c'è niente da ridere davanti a un gesto così serio. La forza di saper rinunciare al momento giusto è ammirabile tanto quanto quella di resistere.

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