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26 settembre 2011 1 26 /09 /settembre /2011 16:20

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Il campionato va avanti veloce ma senza fornire ancora certezze; Antonio Conte rimette nel cassetto le foto del Brasile '70 e passa a un 4-5-1 bello e buono, e questa Juve in continuo assestamento rallenta la corsa, mostrando alcuni limiti strutturali (Chiellini in pauroso regresso, un agonismo a tratti eccessivo e una certa dipendenza dagli estri di Andrea Pirlo); il Napoli frena di brutto, alimentando dubbi sulla consistenza del proprio organico rispetto agli impegni che l'attendono in questa stagione, le milanesi sono in affanno (ma che strano vedere Ranieri sulla panchina dell'Inter!), e non saranno le faticose vittorie del weekend a cancellare in chi le osserva la sensazione che siano squadre da rifondare radicalmente.

Nella Capitale, rimane ancora difficile anche intravedere un motivo valido per cui la Roma abbia cacciato via Montella, per poi prendere come allenatore il Montella del Barcellona, mentre dall'altro lato del Tevere, la tempra di Eddy Reja viene messa, ingiustamente, a dura prova.

Chi resiste a un livello più che decoroso è invece l'Udinese, una specie di miracolo calcistico considerando le pesantissime cessioni operate da Pozzo nel mercato estivo, ma i friulani sono da testare nel lungo termine, e inoltre, la tattica di Guidolin del giocare sempre sull'avversario può diventare un'arma a doppio taglio contro le piccole che si presentano con un atteggiamento difensivo, e rubar palla e ripartire diventa piuttosto complicato.
Ma una menzione speciale va alla velenosa lettera inviata il 23 settembre al quotidiano "Libero" da Giampiero Mughini, nella quale, fra le altre cose, Mughini anticipa anche il famigerato coup de théâtre a cui, pare, assisteremo domani nell'aula del processo di Napoli; sono sicuro che non se la prenderà, il grande Giampiero, fierissimo della sua fede juventina, se la pubblicherò qui per intero. In fondo abbiamo una passione in comune.

 

 

Gentile presidente Moratti,

sono allarmatissimo per le sorti della sua Inter. È successo difatti che le abbiate buscate più volte in quest’ultime settimane, ciò che vi era successo spesso fino a quando non eravate riusciti a sgominare nel 2006 «l’associazione a delinquere» che falsava i tornei a favore della Juve. Prima che scendessero in campo Guido Rossi, un eccellente magistrato milanese che confessava di non sapere nulla di calcio, e il tenente colonnello Auricchio, era per voi impossibile vincere: i delinquenti filo-juventini compravano tutto e tutti. E che altro potevano fare con le squadrette che si ritrovavano? Dopo che giustizia (sportiva) è stata fatta, dopo il 2006, dopo che il compito di fare i gol lo avete affidato a Ibrahimovic e non più a Recoba, è stata per voi una passeggiata trionfale. E questo fino all’anno mirabile del “triplete”, un’impresa sportiva dinnanzi alla quale non finirò mai di togliermi il cappello. Così come sempre mi sono tolto il cappello innanzi alle grandi vittorie dell’Inter di Peppin Meazza, di Giacinto Facchetti, dell’Inter dell’anno trapattoniano.
Bene, e adesso che succede? Possibile che voi perdiate sul campo, che prendiate più pappine di quante riuscite a metterne dentro? Impossibile, e a meno di una spiegazione. E cioè che l’«associazione a delinquere» moggiana ha rialzato la testa. Hanno ricominciato a telefonare a tutto spiano - forti di schede svizzere o altre - ad arbitri e designatori e quant’altro, telefonate da cui si guardavano bene i dirigenti delle altre grandi squadre.
Da come lei ha ripetutamente raccontato la storia del calcio italiano recente, e cioè che nei tornei in cui arrivavate quinti o anche ottavi, era tutta colpa delle malefatte di Moggi. E dunque perché non dovrebbe essere così anche oggi? Se le avete buscate è perché qualcuno ha telefonato a vostro danno. È vero che Lei si è già premunito assumendo uno dei migliori allenatori italiani, quel Mister Ranieri al quale vanno i miei saluti fraterni oltre che la gratitudine per quel che è riuscito a spremere in due anni da un rinsecchito limone juventino. Ma Ranieri non basta. Ci vuole Auricchio, di cui spero che nella vostra bacheca la foto si stagli accanto a quella di “Veleno” Lorenzi e di cento altri vostri campioni. I gol che vi hanno assicurato il vostro quattordicesimo scudetto li ha fatti lui, mica Recoba. Sguinzagli Auricchio, gentile presidente.
E a meno che il calcio non c’entri niente affatto con le telefonate di chicchessia a chicchessia. Forse il calcio sta semplicemente nel fatto che undici neri vanno contro undici bianchi, e ci sono anni in cui vincono i neri perché sono più forti, e anni in cui vincono i bianchi perché sono più forti. Anni in cui vinsero Luisito Suarez e Sandro Mazzola e Armando Picchi e Mariolino Corso, perché in campo non c’era nessuno alla loro altezza. L’anno in cui la Juve di Fabio Capello arrivò a 91 punti, perché non c’era squadra italiana che non venisse “asfaltata” da quei fuoriclasse che poi si giocarono in famiglia la Coppa del mondo. L’anno in cui Milito e soci hanno sommato tre grandi vittorie, e non c’era trippa per nessun altro. Succede poi nel calcio vero, non quello millantato al telefono, che le generazioni si esauriscano e restituiscano il bastone del comando. Si esaurì la generazione degli juventini campioni del mondo nel 1982. Si esaurì la generazione stellare di giocatori milanisti modellati da Arrigo Sacchi. S’è forse esaurita, gentile presidente, la magnifica generazione dei vostri campioni di questi ultimi anni. Succede. È il calcio, quello vero. E quanto a telefonate, e per quel poco che contano, sarà divertente ascoltare la telefonata tra un designatore e un arbitro alla vigilia di un memorabile Inter-Juve di alcuni anni fa. La telefonata che la difesa di Moggi esibirà al processo di Napoli nell’udienza di martedì 27. Auguri, gentile presidente. Quanto al torneo in corso, vinca il migliore. Com’è sempre stato.

 

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